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Nell’armadio scheletri con gli occhi a mandorla

Notizia del 23/06/2008

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Lo sviluppo economico cinese, sorprendentemente dinamico, sembra aver ripercorso con tremendo ritardo le vie che secoli fa sedussero i paesi tuttora industrializzati. E’ pur vero che la Cina, paese dal passato tormentato, non ha avuto dalla storia che sonore lezioni, schiaffi morali che si sono sostituiti alla crescita sociale “stratificata” sperimentata dalle nazioni occidentali. Ciò non significa che sia lecito, per un paese chiamato ancora “in via di sviluppo”, scavalcare norme, diritti e doveri, riconosciuti e tutelati dall’umanità nella sua interezza. Non significa che il ritardo economico (sempre più ristretto) in cui versa un paese come la Cina debba essere il motivo di una trascuratezza aberrante della dignità umana, del mancato rispetto degli standard minimi di sicurezza e di igiene. Sotto-retribuzione della manodopera, sfruttamento del lavoro minorile, istituzionalizzazione della tortura nelle carceri. Si chiama Dumping sociale. E la Cina lo ha imparato bene, incastrata com’è tra gli organismi di diritto internazionale che lo combattono.
Pensate che nel paese delle Olimpiadi 2008 le informazioni relative allo sfruttamento minorile sono considerate “segreto di stato”, pena l’arresto immediato.

Ma secondo le stime sono ben 10 milioni i bambini costretti a prestare il proprio lavoro, il 12% dell’intera popolazione infantile; minori che spesso vengono regolarizzati attraverso il semplice trucco dell’”apprendistato” organizzato dalle scuole.
Ultimamente poi, presi com’eravamo dall’invasione della merce “made in China”, non ci siamo accorti delle vie commerciali alternative imboccate già da tempo dal grande paese orientale.
L’Africa.

Certo, in un posto dove manca anche l’acqua è difficile che possano suscitare interesse le infradito taroccate. Infatti le mire cinesi sono altre. Sono le materie prime, e il lavoro a basso, bassissimo prezzo. Dal 2002 il volume degli scambi commerciali Cina – Africa è cresciuto enormemente, passando da 7 a 40 miliardi di euro. Sono tuttora 800 le aziende cinesi che operano in Africa, proponendo ad individui senza effettive alternative condizioni di lavoro a dir poco discutibili. Pensate che dall’estrazione del rame nello Zambia, il paese africano ha percepito un guadagno pari allo 0,1% del ricavato totale. A chi mai sarà andato il resto?

E dire che Jiang Zemin, il presidente cinese, parlò di “alleanza tra la Cina, il più grande paese in via di sviluppo, e l’Africa, il continente col maggior numero di paesi in via di sviluppo”. Alleanza? Si chiama colonialismo, mio caro, qualcuno dovrebbe darti l’ennesimo schiaffo. Ma questa volta non morale.

Scritto da:Maria Eleonora Pisu

La Redazione.

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